Glocal/Relazioni/Orti/Web sono gli elementi della medicina studiata per la nuova primavera di Santa Giulia.Un’operazione coraggiosa e radicale,ma all’altezza delle singolarità e della rilevanza geografica e sociale di questo pezzo di città,che proverà a tracciare un sentiero di frontiera nel panorama del vivere contemporaneo.Un percorso che teso tra due ere,raccontando di echi antichi ma disegnando un ponte verso il futuro,riscopre modalità di cittadinanza collaborativa attraverso le quali relazioni e quotidianità convergano per ogni individuo verso un paradigma di qualità.GROW è un METODO che lavora per ricucire lo strappo violento tra Città e Natura,proponendo una visione futuribile di un uomo nuovo che attraverso il lavoro,ritrova la sua posizione nel mondo in armonia tra terra e cielo.
Il progetto si pone come obiettivo generare una nuova cittadinanza societaria con un riferimento territoriale che è l’area di sviluppo ma che non si limita al contesto geografico ma lavora verso la creazione di una vera e propria esperienza collettiva che trova il suo fulcro nell’antico concetto di TEMPO. Qui il tempo viene inteso in ogni caso come OCCASIONE. Questo tempo è indispensabile all’uomo contemporaneo per coltivare la sua vita e quelle che lo circondano. Il cittadino è agricoltore ma allo stesso tempo seme, e come tale agisce, cresce e attende con fiduciosa e coraggiosa pazienza in funzione di cicli naturali e processi relazionali. Così dopo la SEMINA il passo successivo è evidentemente quello di METTERE RADICI all’interno del quartiere e di provvederne alla CURA. Solo in questo modo e secondo queste modalità programmatiche la vita di questo curioso luogo otterrà un impulso linfatico e di riscatto. Ma arriva un momento in cui questo praticare agricoltura concettuale e impalpabile per trovare una sua giusta concretezza deve “sporcarsi” della vita reale. È così che la strategia assume consistenza e spessore all’interno di una RETE di AZIONI e PROGRAMMAZIONI che hanno come unico goal quello di incrementare il tempo trascorso e impiegato all’interno del quartiere da parte dei cittadini che lo abitano e non, secondo la semplice equivalenza + TEMPO = + RELAZIONI. Le relazioni generate verranno quindi ACCUMULATE e MOLTIPLICATE come in un romanzo “VERNIANO” all’interno di “SILOS” e SPAZI PUBBLICI pensati come interventi di micro/macro architettura diffusa nei punti più problematici e sensibili del quartiere. Ai cittadini quindi verrà offerta la possibilità di entrare in una COMUNITA’ OPEROSA che lavora la terra e che mette sul mercato prodotti di eccellenza a CENTIMETRIZERO. I ricavi dalla vendita potranno essere rinvestiti in SERVIZI dedicati al distretto che ne aumentino progressivamente la qualità della vita e dello SPAZIO. La COOPERAZIONE e l’operosità dei cittadini faranno si che si sviluppi una NUOVA realtà propensa, attiva e ben disposta alla crescita della partecipazione e al coinvolgimento della base popolare all’agire collettivo in nome di una mutua reciprocità. Tutto ciò disegnerà una IDENTITA’ della NUOVA PORTA ROGOREDO, forte e contemporanea, forse avanguardista, all’altezza senz’altro della specificità del luogo e dei suoi cittadini.
L’aspetto più evidente del quartiere esistente è probabilmente la gravissima mancanza di spazi pubblici interconnessi. Esistono infatti una serie parallela di episodi architettonici che insistono su spazi di relazione isolati che non dialogano vicendevolmente, riducendo la potenzialità e l’attrattività del luogo. L’intervento proposto agisce in maniera provocatoria e potente attuando una soluzione radicale che prevede di riposizionare su un grande tappeto ideale ogni edificio del quartiere Santa Giulia. Si tratta di una texturizzazione dei suoli che caratterizzi, segnali e valorizzi le preesistenze, i nuovi interventi, e la qualità della vita pubblica dell’aggregato. Sono quindi questi spazi tra le cose che governano e mettono in comunicazione la comunità generando relazioni e nutrendosi di tempo. Troviamo nella proposta tre livelli concettuali di spazi/servizi aperti, quelli di PROGRAMMAZIONE, quelli di UTILIZZO e quelli di SERVIZIO. I primi occupano la quota0 del quartiere e si configurano come unità modulari declinate o aggregate in proporzione e in funzione delle funzioni che ospiteranno. I moduli diventano così arredi, piccoli salotti urbani, playground, spazi verdi piantumati ad alberi da frutto, stalli per le auto in parcheggio. Quelli di utilizzo rappresentano il cuore produttivo del quartiere coniando il nuovo paradigma dello SPAZIO PUBBLICO PRODUTTIVO. Sono orti, coltivazioni, frutteti, serre diffuse su tutto il territorio del quartiere ma anche e soprattutto sulle coperture dei nuovi edifici in progetto e sui balconi, logge e terrazzi di quelli esistenti. In questa prefigurazione “bucolica” ed “idillica” degli scenari previsti per Santa Giulia c’è in realtà un grande desiderio di concretezza e di risposta alle contingenze contemporanee dell’abitare. Gli spazi aperti di servizio sono micro architetture diffuse che, posizionate chirurgicamente nel masterplan, operano ad un arricchimento dell’offerta e della proposta del quartiere.Il punto massimo di condensazione degli spazi di programmazione e di quelli di utilizzo si trova nella piazza del mercato. Una situazione fluida che ha origine sotto la grande cupola e che da li, si perde tra le “strade” costellando di piccole e preziose situazioni lo spazio della città. Il mercato con la sua piazza è quindi forse la più grandiosa delle possibilità di accumulazione e moltiplicazione di relazioni.
La strategia generale del progetto si basa prima che sull’esito architettonico e prima che sul governo dello spazio pubblico su una volontà più complessa ma estremamente concreta: creare una rete di DIALOGHI, COLLISIONI e CONTAMINAZIONI eterogenee tra i cittadini. Probabilmente le relazioni più desiderate e cercate sono quelle tra individui di età differenti. Estremizzando si potrebbe affermare che la medicina per questo brano di città “ammalato” si può rintracciare nella banale riscoperta e nel rinvigorimento nel tempo della ricchissima eppur sottile relazione tra la generazione dei giovani e quella dei cittadini adulti e anziani. Qui, non siamo ancora nel campo dei servizi collaborativi ma presumibilmente in una fase precedente, di impostazione. È una fase, questa, di educazione, anzi, di RIEDUCAZIONE alle pratiche civiche, alle sensibilità relazionali e ai valori dell’antico benessere. Alla base di tale programma vi è il concetto di CONDIVISIONE DEL TEMPO a servizio della COMUNITA’. Il tempo condiviso diviene la chiave di lettura della nuova Santa Giulia. È un tempo fatto di meravigliose attese, di cure, di azioni diluite assimilabili a quelle che guidano i processi agricoli. La vita “cittadina” sarà quindi regolata dal susseguirsi delle stagioni, dai cicli della luna, in definitiva, dai tempi della “campagna”. Un applicazione multimediale governerà l’intero quartiere mescolando la saggezza antica degli anziani con le più contemporanee tecnologie di coltivazione, produzione e COMUNICAZIONE. Il risultato è un distretto dall’identità HIGHT/LOW TECH che divenga punto di riferimento attrattore per Milano e per i territorio circostante. La visione è quella di una grande COOPERATIVA aperta nella quale i cittadini tutti sposino una nuova filosofia del vivere votata al benessere, all’integrazione e alla partecipazione. Non un’isola dorata ma un percorso di frontiera tracciato in uno dei luoghi per certi versi meno ospitali e più disturbati della periferia milanese, ma in uno dei tempi in cui le scelte coraggiose e creative appaiono le uniche soluzioni per un riscatto della “civiltà cittadina”.
L’edificio all’interno del lotto1 individua il centro di un movimento centripeto che coinvolge l’intero quartiere nei confronti del quale reagisce e interagisce. È il più grande degli accumulatori e moltiplicatori di relazione previsti nel masterplan e rappresenta la sintesi geometrica e concettuale di tutto quello sino ad ora presentato. L’intervento si configura come una grande piazza coperta, un VENTRE materno atto a contenere e generare RELAZIONI umane. La piazza è un grande IMPLUVIUM “aggrippeo”, una sorta di “Square Depression” alla Bruce Nauman, nella quale il cittadino è spinto naturalmente ad arrivare seguendo la pendenza dello spazio circostante.Volumetricamente l’edificio, concepito come un’estrusione del SUOLO, si presenta come un grande disco cilindrico lucido e compatto che nasconde all’interno una cupola nervata che copre la piazza.Si tratta di un’architettura più di programma che di ricerca formale, un’architettura che non possiede una sua bellezza in quanto tale ma che trova significazione nel duplice gioco tra NECESSITA’ e tensione poetica verso il TRASCENDENTE.Un’architettura che si fa racconto di un nuovo allineamento UOMO – NATURA. Percorrendo verticalmente la sezione dell’edificio come se si percorresse la sezione di un terreno agricolo, troviamo una sequenza di spazi incrementali che collegano la quota della piazza d’acqua alla copertura, praticabile e coltivabile.L’HUMUS vitale di questo NUOVO ORGANISMO risiede nelle attività e nei servizi che vi si insedieranno all’interno.Qui trovano posto, spazi commerciali, sale multimediali, spazi per la didattica, sale per le attività di quartiere, funzioni tutte che immettono linfa lungo le strade e potenziano le relazioni interpersonali. In copertura gli orti urbani coltivabili si nutrono, crescono e fanno germogliare prodotti e connessioni che si faranno fertilizzanti in un circolo continuo di NUTRIZIONE – CREAZIONE – PRODUZIONE e RACCOLTO.
Dall’edificio del lotto1 si genera una rete di altri episodi architettonici posizionati in punti sensibili dell’area che hanno il compito di ELABORARE le relazioni generate precedentemente ma anche di prendersene cura. Sono piccoli elementi che possono ospitare serre tematiche, biblioteche di quartiere o di isolato, punti per bike sharing, playground, hot spot, spazi per lo sport, punti panoramici.
Disegnare una realtà cittadina per una comunità non può prescindere dallo studiare ed adottare soluzioni tipologiche funzionali che possano da un lato incentivare la produzione di lavoro e favorirne la sua qualità e dall’altro coniugarle con una definizione contemporanea dell’abitare. L’obiettivo del concept inserito all’interno delle due corti del lotto2 e 3 è appunto quello di creare delle occasioni osmotiche nelle quali il lavoro e la casa si contaminino vicendevolmente sfumando l’uno nell’altra. Questa operazione, partendo dai sedimi e delle volumetrie previste dal masterplan, agisce sin dai piani terra creando dei grandi piani fluidi nei quali “galleggiano” le differenti funzioni. Negli angoli infatti si insediano “cellule” funzionali e tematiche che ospitano stanze comuni, orti pensili, piccole situazioni terziarie. Come gli interventi proposti anche le azioni su questi edifici convergono verso una definizione di un organismo lecorbusiano nel quale i residenti, gli ospiti, i lavoratori si sentano parte di una grande COMUNITA’. E una grande comunità come quella auspicata, ha necessità di dinamiche e servizi che ne arricchiscano e ne qualifichino la natura. E così si sono introdotte soluzioni di “nursery in casa”, assistenza pubblica e condivisione di figure come baby sitter, badanti e infermieri, e di porzioni di casa. È evidentemente un’operazione, questa, radicale e coraggiosa, nella quale l’integrazione, la cooperazione e la fiducia siano alla base del vivere quotidiano. Il tema del mettere a disposizione il TEMPO per prendersi CURA del quartiere e dei rapporti è ancora una volta il potente filo rosso che lega indissolubilmente tutte le scelte progettuali, tutte le pratiche e le aspettative che vedranno protagonista il nuovo quartiere Santa Giulia nei prossimi decenni.