Padova sorge in un territorio ricco di corsi d’acqua naturali. Questi sono stati alterati nel corso del tempo da opere di ingegneria idraulica che oggi caratterizzano il paesaggio urbano. Il progetto tenta di reinterpretare il rapporto tra uomo e l’acqua come principio generatore di relazione. L’acqua, con le sue variazioni di regime, sensibili al cambiamento climatico, diviene uno strumento in grado di dar vita a spazi collettivi e pubblici che possano portare la comunità a reagire e riappropriarsi di luoghi a lungo estromessi dalla vita pubblica. Nell’ottica di una socialità ritrovata, il co-abitare uno spazio invaso dall’acqua, diviene il mezzo per proporre un’idea di abitare diffuso e comunitario, in cui le attività private di ciascun abitante vengono portate in piazza.
L’area d’interesse si contraddistingue per le sue due nature in antitesi tra loro: una talmente densa da essere impenetrabile, l’altra un grande vuoto urbano segnato dal sagrato della chiesa.
Nella parte più densa emerge una disposizione a corte, che viene reinterpretata tramite la rotazione del volume a sud-ovest.
Nella nuova piazza vegetale, l’acqua diventa elemento comune fra gli spazi e protagonista delle funzioni per soddisfare bisogni primari del vivere, come lavarsi e pulire. Cisterne e vasche di raccolta dell’acqua piovana danno vita a un sistema di irrigazione per il verde sia pubblico che privato. Il nuovo impianto urbano dunque diviene catalizzatore di pratiche sociali, per mezzo delle azioni che permette di svolgere e per la sua volontà di non voler costruire confini netti. Lo spazio del vivere quotidiano è fluido, per il quartiere e la città, una simbiosi tra uomo e natura.
L’intervento definisce un nuovo grande spazio pubblico al piano terra, accessibile da due nuovi ingressi. Si tratta di un’ampia piazza vegetale umida accessibile a tutti ed animata, tra spazi privati, collettivi e pubblici, dove poter trascorrere la vita quotidiana in comunità.
La mescolanza tra intimo e sociale trova una sua emblematica sintesi nell’edificio fronte strada, una preesistenza architettonica che viene recuperata per ospitare funzioni pubbliche con protagonista l’acqua, fruita negli atti essenziali del vivere: pulirsi e pulire, diritti inalienabili per chiunque.
L’ex asilo, edificio liminare tra le due piazze, esalta la contrapposizione tra questi due spazi pubblici inserendo al proprio interno un sistema di coltivazione idroponica, punto d’incontro tra tecnica e natura.
Alcune funzioni, tipiche dell’ambito domestico, sono volutamente poste all’interno del volume pubblico, espediente che intende coinvolgere gli abitanti ad essere parte della comunità e contribuire alla cura dello spazio.
L’edificio residenziale, col suo sistema di raccolta delle acque, diventa forza motrice dell’intero progetto: l’acqua, raccolta sulla sua copertura, viene distribuita, oltre che ai singoli appartamenti, anche a tutto il sistema pubblico al piano terra.
Le residenze si compongono di diverse tipologie abitative, generate da un appartamento tipo adattivo che si espande per soddisfare diverse esigenze ed utenti: giovani laureati, lavoratori single, coppie o famiglie. L’accesso avviene da un ballatoio comune posto in facciata che costituisce una quinta per la nuova corte, uno spazio di condivisione tra gli abitanti e la vita di comunità. Tutti gli alloggi sono dotati di un doppio affaccio, uno pubblico sul ballatoio, l’altro privato dotato di una loggia. Questa distribuzione rappresenta fisicamente il passaggio graduale tra il vivere comune e quello intimo privato. L’edificio è caratterizzato da un’infrastruttura idrica in facciata composta da tubi alimentati da cisterne poste in copertura che raccolgono l’acqua piovana, utilizzabile per innaffiare le piante delle abitazioni e degli spazi pubblici o per raffreddare le isole di calore.